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lunedì 27 ottobre 2008

I Don' t know I Cannot Do It! 2

Continua da I Don' t know I Cannot Do It! 1
Mi ero messo in pace l' anima, e dopo lo sforzo emotivamente enorme per trovare una soluzione lavorativa o di sostentamento, sapendo dell' arrivo dei soldi da casa mi ero rilassato. Successe che un ragazzo nell' ostello aveva saputo della mia ricerca di lavoro e con mio grande stupore mi disse che aveva un lavoro per me. la cosa incredibile è che lui l' aveva cercato per parecchio tempo un lavoretto e quando aveva deciso di andaresene da L.A. il lavoro era arrivato. Perchè non lo aveva detto a qualcun' altro, visto che di gente ce n' era che volevano lavorare, proprio a un' Italiano che parlava poco inglese, perchè proprio a me? Vabbè, ero contento comunque. Così incontrai il tipo del lavoro la sera stessa, un bestione @ di carnagione scura, un pelato e con uno sguardo indagatore che mi aveva messo un in soggezione, devo ammetterlo. Poi mi avrebbe detto che era un sangue misto, e si vantava discendenze Indiane, Spagnole, Inglesi e altre ancora che non ricordo. Una chiaccherata per convenevoli e paga e la sua richiesta che se volevo lavorare con lui dovevo farlo almeno per un mese. Ok, no problem. Paga 6$/ora. Ok, no problem. Domattina alle 7:45 a casa mia. Ok, no problem. Il lavoro era semplice, fargli da assistente. Lui faceva di lavoro il "FactTotum", da l' idraulico all' imbianchino all' elettricista. E anche riparare le crepe nei muri che si erano create con il terremoto dell' anno prima, nel gennaio del 1994. Quello era il lavoro per sopravvivere, il secondo lavoro era: scrivere testi per fiction o programmi tv, tecnico luci, operatore di telecamera, oppure quella cosa e quell' altro; insomma era dentro Hollywood, nella speranza, penso ora io, di far fortuna. Aveva in affitto il più bel flat di Venice beach; un flat al primo piano che con un bel terrazzo dava sul lungomare. Ho passato una domenica pomeriggio intera su quel terrazzo bevendo e guardando il brulichio di persone sotto che passeggiavano, ammirare le ragazze sui rollerblade e il mare. Il lavoro era facile e abituato a lavori manuali mi riusciva facilmente, anche se io tenevo più alla perfezione che alla fine veloce del lavoro. Forse l' avevo stressato troppo con mio il fare certosino, e così quella volta che mi chiese di fare una cosa che nn avevo mai fatto, per paura di sbagliare dissi con il mio inglese sgangherato "I don't know it, i cannot do it" e lui mi elargì una perla di saggezza dicendomi "Never SAY i don't know it, i cannot do it". Mi spiegò che quando lo chiamavano per fare dei lavori, lui andava a controllare e vedeva di che cosa si trattava. Poi andava dal ferramenta e chiedeva consiglio su quale materiale e strumenti usare, come poter insomma fare quel lavoro con risultati professionali. Certo che la cosa non si applicava a me, era lui che mi doveva insegnare, ma tale era il suo stress verso di me, un piccolo Italiano timido e lento che ha paura di fare quello o quell altra cosa che penso proprio fu uno sfogo liberatorio. Io recepii il messaggio e naturalmente sono riuscito a farlo mio dopo tanti anni di letture ed esperienze: ora mi ritengo un risolutore di problemi e dalla mia memoria sono cancellate le parole "I don't know, i cannot do it!" @

Roberto

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